Reportage | Il principio di Kickstarter

Navigando in Rete, su Facebook ci siamo imbattuti in un post redatto da Maurizio Garzelli che condividendo un’opinione personale ha attratto la nostra curiosità. Cobblepot ha cominciato ad accumulare la propria personale esperienza sul tema del crowdfunding già nel 2012 (prematuramente) con il progetto Ravenna Fatto d’Arme™ per poi riprendere nel 2019 (un po’ più consapevole) attraverso la campagna Kickstarter di Lega Nerd per King of Con™. Nel 2020 saremo nuovamente, e indirettamente, coinvolti in ben tre diverse campagne: la prima di Top Hat Games a luglio con The Fall of the King™, quindi a settembre con Galakta per The Shadow Planet™ e, infine, con OrcoNero Games a novembre per Arena Colossei™.

Maurizio Garzelli scrive riguardo a una campagna a cui ha partecipato e noi, con la sua personale autorizzazione, abbiamo evidenziato in grassetto le parti che ci hanno colpito e di cui vogliamo parlare dopo la lettura del suo intervento che riportiamo qui di seguito:

«Carissimi lettori, sono uno che non solo ha fatto il pledge da 160 Euro ma ho pure aggiunto qualcosina, e siccome vivo nei Paesi Bassi, non ho altra scelta che aspettare agosto. Mi sono proprio stancato di sentire queste scorribande di gente 'offesa', 'indignata', quindi vorrei chiarire qualcosa di fondamentale: chi finanzia un progetto (non PRODOTTO!!!) su Kickstarter fa proprio quello: finanzia un progetto!!! Non è un negozio, infatti, uno dei pledges che ci sono (il primo di solito in TUTTI i progetti) è un pledge SENZA ricompensa etichettato 'perché ci credo'. Ed è questa la funzione principale del mio pledge: "Perché ci credo". Il fatto che Quality Games [l’editore della campagna, ndr] sia riuscito a pubblicare il prodotto finanziato da noi, per me è già un'importante vittoria che non può che farmi piacere.

«Non sono arrabbiato perché non ho ricevuto in tempo il prodotto ma semplicemente dispiaciuto, ma solo perché non riesco ancora a toccare con mano un prodotto di un progetto che ho finanziato perché ci credo e mi piace. Quando arriverà (perché ARRIVERÀ), farò festa, lo aprirò e mi chiuderò a chiave nel gabinetto con la ventola al massimo così da non poter essere disturbato dai miei figli o mia moglie mentre mi assaporerò il malloppo tanto ambito! Tutti questi lagnosi e meschini che parlano di essere indignati e chiedere rimborsi, 'minimi sindacali' o altre cavolate del genere mi fanno voltare lo stomaco, perché vuol dire che avete messo i soldi solo perché volevate il prodotto prima di tutti e più bello di tutti! Non ve ne frega niente del gioco in sé stesso, e prima di ribadire delle vomitate di sbieco come 'ma è questione di principio...', 'loro hanno promesso...' ricordo di nuovo il PRINCIPIO DI KICKSTARTER!!!

«Kickstarter è un sito web statunitense creato per fornire finanziamento collettivo per progetti creativi.» [sorgente: Wikipedia] Non è un negozio di pre-release! Quindi se vi sentite indignati e sentite il bisogno di esprimere come il vostro ego è stato ferito da Quality Games? Tenetevelo per voi perché la probabilità che faccia vedere la vostra ignoranza a non capire cosa sia Kickstarter sarà molto alta. Invece cercate di capire che cosa siamo riusciti TUTTI NOI a creare! Spero aiuti a calmare le acque e animi. Ciao! PS. Ma com'è che qui i posts indignati e negativi sono tutti italiani? Non ne ho ancora trovato uno inglese... Mah...»

Piacere di conoscerti

Per comprendere bene la testimonianza di Maurizio Garzelli, l’abbiamo raggiunto telematicamente e abbiamo scoperto che è un toscano di Livorno, ha 43 anni ed è appassionato di giochi di ruolo (carta e penna) a cui piace moltissimo l'ambientazione e il feeling che può apportare. Il post che ha scritto è inserito nel gruppo della campagna Kickstarter di un gioco di ruolo di un editore italiano in cui lui ha partecipato con uno dei pledge più alti. I sostenitori lamentano ritardi e scarsa comunicazione da parte dell’editore. Alcuni utenti hanno aggravato il loro linguaggio e hanno assunto toni di disprezzo nei confronti di questa situazione. Maurizio, ci confida che allo scopo di dare un «pugno» a quest'onda d’ira che stava gonfiando, ha redatto il post che avete potuto leggere integralmente.

Maurizio si è trasferito nei Paesi Bassi da circa sei anni, si trova bene e si è ben integrato, anche se, ovviamente, lui e la sua famiglia è vista come «diversa» perché comunque non si viene accettati come olandesi, ma non in modo negativo, perché lo straniero aggiunge diversità alla cultura locale, arricchendo il paese. I Paesi Bassi, per l’esperienza di Maurizio, sono molto «avanzati» a livello ludico. I giocatori olandesi non hanno prodotti nazionali e tutta la produzione è di importazione. Maurizio ha già sostenuto online una ventina di progetti che sono stati tutti completati. Alcuni hanno accumulato del ritardo, ma non uno più dell’altro.

Secondo la sua personale esperienza l’editore non deve mai sottovalutare il valore della comunicazione: anche quando non c'è niente da dire, anche un backer esperto come Maurizio sente l’esigenza di essere informato almeno una volta ogni due settimane, soprattutto dopo che la campagna è terminata. È importante per rassicurare gli investitori e mantenere attiva quella “società” che si è instaurata con il finanziamento. L’editore deve prestare molta attenzione al calcolo dei pledges e degli stretch goals, soprattutto se sono a pagamento, cosa che andrebbe estremamente limitata. Per il suo gusto gli obiettivi supplementari della campagna dovrebbero maggiormente orientarsi all’esclusività e ai contenuti “speciali”.

Non frega niente del gioco

Cobblepot, in quanto produttore di giochi, ci tiene particolarmente a evidenziare le caratteristiche e le qualità dei propri giochi. Fa lavorare i propri team di sviluppo per periodi molto lunghi e dispendiosi prima di affidarli a un editore “esterno” che provveda alla loro pubblicazione. La mentalità di Maurizio è quella che Cobblepot vorrebbe trovare nei propri interlocutori: gente come noi, che si innamori del progetto e ci creda fino in fondo. La scelta di cedere per la pubblicazione un progetto a un determinato editore, piuttosto che un altro, è sempre stato uno dei “principi” che hanno sorretto le nostre trattative commerciali. I Cobblepot Games devono arrivare sui piani di gioco rispettando tutti i parametri qualitativi: l’idea dell’autore, il divertimento, le meccaniche, ecc. A un giocatore può non convincere il tema che tratta, le meccaniche che offre, il costo che ha: tutte validissime ragioni, ma rifiutiamo categoricamente ogni tipo di strumentalizzazione che dipinga il prodotto come una “commercialata”.

Non è un negozio

Per arrivare su Kickstarter, come le altre piattaforme online di crowdfunding, e trovare determinati progetti, occorrono delle caratteristiche che creano una selezione naturale: chi partecipa a una campagna non è un utente della Rete di basso livello, e per investire determinate cifre sono necessarie esperienza e consapevolezza. Da questi giocatori/sostenitori Cobblepot si aspetta una determinata cultura ludica e commerciale che permette di comprendere le differenze tra editori più o meno “organizzati”. Il loro blasone dovrebbe precederli e, nonostante la democrazia digitale della Rete, è evidente che non sono tutti uguali.

Per esempio, il nostro editore Galakta, di grande esperienza e dotato di accordi commerciali internazionali e di una propria rete di distribuzione, può predisporre una campagna sostanzialmente diversa da quella di Top Hat Games, una nuova realtà alla prima esperienza che edita limitatamente e artigianalmente. Comprare un prodotto in una grande catena distributiva è diverso dal servirsi presso la bottega di un piccolo artigiano. Nessuno dei due prodotti è, in termini assoluti, meglio dell’altro, anche se la loro natura è la stessa. Pensate al formaggio di un brand importante rapportato al ricavato di un contadino che oltre al proprio fabbisogno personale produce per rivendere a terzi. Non sono paragonabili per gusto, accessibilità e prezzo, eppure è sempre formaggio!

I post negativi sono tutti italiani?

Nonostante il nome, Cobblepot Games è un’azienda italiana, composta in una percentuale elevata da professionalità italiane: il nostro mantra è «stile inglese, qualità tedesca e creatività italiana». Siamo orgogliosi delle nostre radici e non lo nascondiamo. È anche vero che i proverbi ammoniscono che «non si è profeti in patria». È anche storicamente comprovato che gli italiani non hanno un senso di appartenenza nazionalistico diffuso come in altri Paesi e che il detto «piove, governo ladro» è un aforisma oramai adottato per tutte le stagioni.

Diverse dichiarazioni di imprenditori (specialmente del mondo dei giochi) hanno anticipato l’affermazione di Maurizio: il dialogo che gli italiani hanno nei confronti di aziende connazionali è spesso critico, negativo e a volte inutilmente distruttivo, e non solo quando si parla di beni di lusso come dovrebbero essere catalogati i giochi. Per nostra esperienza diretta, c’è chi erroneamente considera i mercati esteri sempre superiori al nostro: alcuni giocatori ci hanno scritto in redazione per segnalare che in un nostro regolamento aveva sbagliato la traduzione dall’inglese, quando tutte le nostre produzioni sono fatte in italiano e poi localizzate per i mercati stranieri dagli editori. Voi cosa ne pensate, siamo davvero così ipercritici come ci descrivono?

L’importante è partecipare

Quella offerta da Maurizio è stata un’ottima occasione per parlare di un argomento complesso che evidentemente merita ulteriori approfondimenti. Kickstarter è una realtà tangibile, una forma di mercato che si è aggiunta alle altre tradizionali a cui eravamo abituati da lungo tempo. Chissà, forse ci saranno altre trasformazioni, altri cambiamenti. Chi ci sarà vedrà, per noi «l’importante è partecipare». Continueremo a produrre con grande entusiasmo, passione e dedizione per assolvere alla promessa di fare giochi di qualità. Se li aggiungerete alle vostre ludoteche personali e, cosa più importante, li giocherete con gusto, godetevi il prodotto che avete intavolato. Non siete in gara con nessuno se non con i vostri amici/avversari che sono al tavolo, nel rispetto dello scopo del gioco. I giochi devono rimanere la migliore scusa per stare assieme: giocate, giocate e giocate!