Professor | La sfida dell'inclusione

Negli ultimi anni il dibattito sull'accessibilità e l'inclusione ha guadagnato terreno in vari settori, compreso il mondo dei giochi da tavolo. Dalle più piccole realtà alle grandi multinazionali del gioco, si moltiplicano diciture e bollini sulle scatole che promettono accessibilità a questa o quella categoria, dai daltonici alle persone con problemi cognitivi. Quale sarà la strada dell’inclusione ludica nei prossimi anni?

Da sempre Professor Cobblepot, attraverso la partecipazione al progetto Educatori Ludici, agisce concretamente sul campo tracciando linee di azione che sono diventate punti di riferimento per l’intero settore, dai laboratori inclusivi ai corsi di formazione rivolti a insegnanti, educatori, psicologi, logopedisti e animatori sociali, dal libro Tuttingioco: il gioco strutturato come strumento educativo pubblicato con Homeless Book al gioco A Caccia di Conchiglie che ha inaugurato per il Centro Studi Erickson la linea editoriale Tutti in Gioco.

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Peculiarità, non deficit

Forti di queste esperienze dirette, ci sentiamo di mettere in guardia dai facili entusiasmi: l’inclusione e l’accessibilità sono fenomeni altamente complessi, che spesso vengono distorti o travisati. Che cosa vuol dire quindi inclusione, per noi? Vuol dire garantire l'inserimento di ciascun individuo nella società, ovvero garantire la sua partecipazione alle attività sociali – anche quelle ludiche! – indipendentemente dalla presenza di elementi limitanti.

L’inclusione è una condizione in cui tutti gli individui vivono in uno stato di equità e di pari opportunità, indipendentemente dalla presenza di disabilità, situazioni di svantaggio o di qualsiasi altra diversità.

L’inclusione mira a eliminare ogni forma di discriminazione e spinge verso il cambiamento del sistema culturale e sociale per favorire la partecipazione attiva e completa di tutti gli individui. Le differenze e le diversità di cui ognuno di noi può essere portatore non devono essere viste come categorie negative o criteri deficitari: sono semplicemente modi personali di porsi nelle diverse relazioni e interazioni con gli altri. Sono modi di essere. Sono peculiarità.

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L’inclusione assoluta non esiste

Il gioco da tavolo, in questo senso, è davvero inclusivo? Quasi mai. I giochi che troviamo sugli scaffali dei negozi, una volta portati al tavolo, possono rivelarsi problematici sotto tanti aspetti: regole, grafica, componentistica, ambientazione. Il playtest, ovvero l’atto concreto di far giocare un determinato gioco in un contesto educativo reale, farà emergere tutta una serie di difficoltà: per rendere quel gioco più accessibile bisognerà modificarlo, adattarlo, facilitarlo e personalizzarlo. È il lavoro quotidiano dell’Educatore Ludico.

Una sfida continua che si muove tra accessibilità e personalizzazione, tra teoria e pratica, senza perdere di vista la consapevolezza che il gioco perfetto, adatto a tutti, semplicemente non esiste. Dobbiamo farcene una ragione: l’inclusione globale e assoluta è un concetto astratto e demagogico. Qualcuno rimane sempre fuori. Pensate per esempio al gioco da tavolo più facile e accessibile che conoscete. Bene: arriva un ragazzo con cecità totale che vuole giocare. Scacco matto, quel gioco potete buttarlo. Ripetiamolo insieme: non esiste un singolo gioco adatto a tutti.

L’inclusione reale e possibile è soltanto quella concreta, quella che dà forma al nostro agire quotidiano. L’inclusione è quindi contingente, si fa nel qui e ora: con chi ho a che fare? Chi ho di fronte, ora? Chi devo far giocare? Quali sono le loro caratteristiche, le loro peculiarità? Posso trovare un minimo comune denominatore?

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Includere e divertire

In questa visione dinamica dell’accessibilità, la flessibilità degli strumenti – e dei giochi, quindi – è molto più importante di diciture e bollini sulle scatole, che non saranno mai sufficienti a coprire la complessità dei casi concreti che ci si possono presentare. L’obiettivo ambizioso del prossimo futuro è quello di un’inclusione reale, contingente, consapevole, flessibile, personalizzata, condivisa e profondamente umana. Un’inclusione che permetta di non escludere nessuno, modulando accessibilità e personalizzazione, ma che allo stesso tempo mantenga alto il livello di coinvolgimento e divertimento di tutti, bilanciando il livello delle abilità coinvolte con la difficoltà della prova. L’attività di gioco, anche quando ha fini educativi e inclusivi, non deve mai prescindere dalla dimensione del divertimento: questa è la vera sfida che ci aspetta.